I fondi del 5×1000 raccolti da Enpam sostengono la ricerca contro una rara forma di tumore pediatrico. Vincitrice della borsa di studio bandita attraverso La Fondazione Aicr per la Ricerca sul Cancro (Airc) è Giulia Ceglie, trentaseienne ricercatrice romana, che lavora come clinical research fellow nel dipartimento di Oncoematologia pediatrica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù della Capitale.
L’ATTIVITÀ DI RICERCA
La pediatra, che si occupa di malattie ematologiche, si racconta al Giornale della previdenza a partire dall’attività di ricerca che sta portando avanti grazie al finanziamento di 40mila euro della borsa Enpam-Airc.
Attraverso la tecnica dell’editing genetico “vogliamo approfondire la conoscenza della sindrome mielodisplastica (Mds) e sviluppare terapie innovative e mirate”, spiega.
Sorvegliati speciali nell’attività di ricerca sono i geni SAMD9 e SAMD9L, le cui mutazioni sono correlate con la malattia pediatrica, per la quale “non abbiamo ancora armi terapeutiche – spiega Ceglie – dal momento che non possono essere trattate con il trapianto di midollo”.
“Il nostro primo obiettivo – continua la ricercatrice – è creare modelli cellulari che riproducano le mutazioni nei geni, così da studiarne gli effetti e testare nuove strategie di terapia genica”. La ricerca di soluzioni praticabili avviene al computer. “In silico”, come dicono gli addetti ai lavori, attraverso programmi capaci di predire i risultati delle ricerche portate avanti.
“Siamo i primi a usare tale approccio per questa specifica patologia – precisa Ceglie – nella speranza di aprire la strada a trattamenti più efficaci per le sindromi mielodisplastiche pediatriche e avere ricadute anche su altre malattie tumorali. A lungo termine, spero che il nostro lavoro possa contribuire allo sviluppo di terapie genetiche innovative”.
FINANZIAMENTI FONDAMENTALI
“I finanziamenti per la ricerca sono fondamentali, perché rappresentano una concreta possibilità di trasformare la conoscenza in opportunità terapeutiche”, sottolinea la ricercatrice del Bambino Gesù. “Non sapevo che Enpam – aggiunge – raccogliesse con il 5×1000 fondi per la ricerca. Sono rimasta piacevolmente sorpresa quando ho saputo che il nostro istituto di previdenza lavorasse per finanziare quella che è un’importantissima attività di ricerca e una grande opportunità professionale”.
TRA LABORATORIO E AMBULATORIO
“La borsa Enpam-Airc – commenta Ceglie – mi permette di dedicarmi alla ricerca. Ma la clinica rimane importantissima. Ricerca e clinica si completano a vicenda. Quest’ultima permette di ricordare come l’attività di ricerca debba partire dal paziente e arrivare al paziente”. Ceglie, che lavora anche in day hospital e in ambulatorio, racconta la propria passione per la scienza. Una passione “profonda e deferente”, al pari di quella del cinematografico professor Isak Borg, protagonista del film ‘Il posto delle fragole’, di Ingmar Bergman, da cui Ceglie racconta di avere tratto ispirazione nella scelta di diventare medico.
Un altro elemento di ispirazione professionale è stato il celebre saggio ‘L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello’, nel quale il neurologo Oliver Sacks descrive i più interessanti casi clinici trattati. “Per me è stato l’esempio – spiega – di una mente da ricercatore, che trae nutrimento dal caso clinico”. La convinzione di fare ricerca, invece, Ceglie l’ha maturata dopo l’incontro con la premio Nobel Rita Levi-Montalcini all’Ebri (European brain research institute). “Sono stata profondamente ispirata – racconta – dalla sua passione per la ricerca e dalla capacità di trasformare la curiosità scientifica in scoperte concrete”.
IL PERCORSO
Nel proprio percorso di studi, Ceglie ha conseguito la laurea in medicina alla Sapienza e la specializzazione in pediatria all’Università di Tor Vergata, con un percorso di formazione sub-specialistico in ematologia pediatrica. In seguito, si è formata al Dana-Farber cancer institute, alla Harvard medical school di Boston e all’Istituto Généthon in Francia, dove si è dedica allo sviluppo di terapie geniche per le malattie rare.
“Queste esperienze hanno rafforzato in me la convinzione che la ricerca può essere il modo più efficace per fare la differenza nella vita dei malati. Ma – ammette – in quei periodi passati in laboratorio mi è mancato il lato umano della professione, che è dato dal contatto con i pazienti”.
Per completare la propria preparazione, lo scorso anno la pediatra ha conseguito un dottorato di ricerca in Immunologia, medicina molecolare e biotecnologie applicate all’Università Tor Vergata.
A questo punto rimane da chiedere: una ricercatrice nel mezzo di una consolidata carriera, quale consiglio darebbe a un giovane collega? “Seguire i propri sogni e interessi principali – replica Ceglie – ma rimanendo pronti a cambiare idea. La medicina è vastissima e la propria attitudine si può scoprire solo strada facendo. Del resto, il medico è un mestiere che occupa una parte importante della vita e che esprime la personalità di chi abbraccia questa scelta professionale. Il medico non è un mestiere che si fa, ma un mestiere che si è”.
Antioco Fois
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