Uno dei primi segnali d’allarme dell’Alzheimer è il disorientamento: la persona perde i riferimenti topografici, anche in luoghi conosciuti o frequentati assiduamente, con il rischio di perdersi e incorrere in pericoli. Ma se si potessero monitorare precocemente queste difficoltà?
GPS CONTRO IL DISORIENTAMENTO
Sul Tech2Doc viene riportato un recente studio pubblicato su PubMed che ha analizzato l’impiego di sistemi basati su localizzazione Gps e applicazioni dedicate per rilevare e gestire episodi di disorientamento in persone malate di Alzheimer.
Il sistema prevede un tracciamento del percorso, con rilevazione di deviazioni anomale e notifiche al caregiver in caso di sospetto di disorientamento. L’obiettivo è aumentare la sicurezza del paziente e alleggerire il carico assistenziale di chi se ne occupa.
Inoltre, i dati raccolti possono costituire anche un elemento di valutazione per il medico circa la progressione del deficit di orientamento.
E sempre allo scopo di intercettare segnali neurovegetativi associati al disorientamento e intervenire tempestivamente, una sperimentazione condotta dall’università Cattolica di Milano ha lavorato a un dispositivo indossabile multi-sensore capace di rilevare parametri fisiologici e di deambulazione.
IA PER COGLIERE I PRIMI SINTOMI
Ma nell’Alzheimer il fattore tempo è fondamentale anche nella diagnosi e nell’intervento tempestivo, quando il deterioramento cognitivo si trova agli stadi iniziali.
Riconoscere i primi lievi segnali (Mild cognitive impairment – Mci) può essere complicato.
Come racconta questo approfondimento su Tech2Doc, un aiuto può arrivare dall’intelligenza artificiale, valutando la funzione motoria.
Un gruppo di lavoro dell’università del Missouri ha sviluppato un sistema portatile che combina una telecamera di profondità, una pedana sensibile alla pressione e un’interfaccia per il trasferimento dei dati raccolti.
A soggetti anziani è stato chiesto di compiere semplici attività motorie e conteggi aritmetici. Le regioni cerebrali coinvolte nelle capacità cognitive, infatti, spesso le stesse interessate anche al controllo motorio.
Un algoritmo dell’intelligenza artificiale ha poi analizzato i dati ottenuti, distinguendo con una precisione superiore all’80 per cento chi presentava un lieve deterioramento cognitivo.
Allo stesso modo, un ulteriore studio della Florida Atlantic University, ha analizzato la capacità di camminare lungo un percorso rettilineo rispetto a uno curvilineo. I pazienti con Mci hanno mostrato maggiore difficoltà nel movimento in curva.
Questo tipo di dispositivi potrebbero essere molto utili in residenze per anziani e centri di lungodegenza, consentendo una diagnosi tempestiva e interventi terapeutici più efficaci.
Claudia Torrisi






