Dal primo settembre 2025 è diventato operativo un nuovo strumento per i dipendenti che, pur avendo raggiunto i requisiti per il pensionamento, decidono di restare in servizio. Non è un aumento diretto della pensione, bensì uno sgravio contributivo destinato a chi sceglie di rinviare l’uscita dal lavoro.
UN PREMIO A CHI NON VA IN PENSIONE
L’Italia sta vivendo una doppia realtà demografica: popolazione attiva che invecchia e tasso di natalità ai minimi. Un intreccio che riduce il rapporto tra contributi versati e pensioni da erogare, perché non ci sono abbastanza lavoratori che coprono le pensioni.
Il bonus si inserisce come leva per trattenere chi è prossimo alla pensione e rallentare l’uscita di competenze preziose, alleggerendo nel frattempo la pressione sui conti pubblici. Ma dietro la spinta positiva si nascondono condizioni non trascurabili. Rinunciare ai propri contributi può voler dire, a lungo andare, una pensione più bassa, con cali che, sommando gli anni, possono tradursi migliaia di euro in meno.
La platea comunque resta ristretta e molti lavoratori che avrebbero diritto alla pensione ne restano comunque esclusi. Il bonus è una strategia, utile a guadagnare tempo e tenere in servizio personale esperto, ma lontano dal risolvere i veri problemi strutturali del sistema e del ricambio generazionale.
Una conferma della Manovra di bilancio 2025 è stata la volontà di premiare lavoratrici e lavoratori che, pur potendo andare in pensione con Quota 103, decidono comunque di restare a lavoro. Si tratta di un incentivo al posticipo pensione già presente nel 2024.
Chi sceglie in questi casi di proseguire l’attività lavorativa dipendente può rinunciare e ritrovarlo nella propria retribuzione, all’accredito contributivo della quota dei contributi previdenziali a suo carico, relativi all’Assicurazione generale per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (Ivs) o a forme sostitutive.
DOMANDE DAL 1° SETTEMBRE
La misura non è destinata a tutti coloro che possono andare in pensione, ma solo a chi rientra in due specifiche categorie:
– lavoratori che hanno maturato i requisiti previsti da Quota 103 (62 anni di età e almeno 41 anni di contributi versati);
– lavoratori che hanno raggiunto i requisiti per la pensione anticipata ordinaria – 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, senza vincoli di età.
Il meccanismo è questo: il lavoratore non versa più la propria quota di contributi previdenziali all’Inps pari al 9,19 per cento dello stipendio lordo mensile per chi è iscritto all’Inps e quella cifra resta interamente nella sua busta paga come aumento netto.
Nel frattempo, i contributi che spettano al datore di lavoro continuano a essere versati regolarmente nel fondo pensione, così da non intaccare la rendita futura. In pratica si avrebbero più soldi ogni mese con in più che questa somma extra non è soggetta a imposte e non rientra nel reddito imponibile.
Il bonus può essere richiesto a partire dal primo settembre, ma non comparirà subito nella busta paga di tutti. Chi lavora nel settore privato e ha i requisiti lo riceverà già dal mese di settembre, mentre per il personale pubblico che ha presentato domanda l’importo aggiuntivo arriverà solo da novembre.
Claudio Testuzza