Perché ci si ammala? Come il corpo arriva a elaborare un sintomo e come “crea” una malattia? Qual è il nostro rapporto con le patologie? E con i farmaci di uso più comune, dagli antibiotici agli antidepressivi? Qual è il valore delle terapie complementari? Quando si considera una persona guarita?
Questi sono alcuni degli argomenti, tra i tanti, trattati e ripensati da una “prospettiva corporea” nel libro scritto a quattro mani da Jader Tolja, medico, psicoterapeuta e ricercatore dedicato allo studio dell’anatomia esperienziale, e Divna Slavec, educatrice somatica, dedita alle tecniche che permettono di affinare la propriocezione, ovvero la capacità di percepire il corpo dall’interno.
L’insorgenza, il decorso e l’esito di una malattia si giocano su due dimensioni, spiegano gli Autori. Una esterna, tangibile, che fa riferimento a parametri e protocolli, l’altra, interna, riferita alle dinamiche interiori e personali e per questo meno visibile e quantificabile.
Che le due dimensioni fossero correlate è stato dato per scontato almeno fino a quando chi curava – un medico di famiglia o un medico condotto – conosceva sia la storia clinica sia la storia esistenziale dei suoi pazienti.
Si pensi all’espressione “morto di crepacuore” che oggi sicuramente non si indica più nelle cause di decesso, pur continuando a esserne il vero motivo.
Dagli anni Cinquanta in poi, si è verificato un aumento esponenziale delle informazioni mediche concentrando l’attenzione sulla dimensione esterna della cura e smarrendo quella interiore.
Uno studio pubblicato nel 2022 sulla rivista scientifica Journal of Internal Medicine ha calcolato il tempo che un medico dovrebbe spendere ogni giorno per rimanere aggiornato in 27 ininterrotte ore (sì, ventisette, non è un errore).
Oggi le pratiche basate sulla percezione del corpo dall’interno si stanno sempre più diffondendo, rivelando scenari inaspettati.
Paola Stefanucci
PER ACQUISTARE IL LIBRO:
Tea, Gruppo editoriale Mauri Spagnol, Milano, 2025, pp. 208, euro 12,00