L’Inps ha fissato al 19 settembre il termine ultimo di segnalazione, dei propri redditi, per i pensionati che ricevono pensioni integrate o maggiorate in base alla loro situazione economica. Entro quella data devono comunicare, infatti, i redditi degli anni 2020 e 2021, altrimenti scatteranno sospensioni e possibili revoche. Chi vuole continuare a percepire le presentazioni deve presentare una dichiarazione di ricostituzione reddituale riferita al 2021, così da aggiornare i dati fiscali richiesti.
Rischiano la sospensione i trattamenti relativi ad integrazione al minimo; quattordicesima; maggiorazione sociale; importo aggiuntivo; assegno di invalidità non cumulabile; e, soprattutto, i trattamenti di reversibilità.
LA PENSIONE AI SUPERSTITI
La pensione ai superstiti e/o di reversibilità è l’assegno che alla morte del dipendente, assicurato o già pensionato, spetta ai componenti del suo nucleo familiare. Tale trattamento, per gli iscritti alla previdenza pubblica (Inps/Inpdap) è previsto per il coniuge sopravvissuto del 60 per cento della pensione goduta in vita dal titolare, dell’80 per cento se c’è anche un figlio, del 100 per cento se ci sono due o più figli a carico, e con importi diversi per eventuali altri familiari aventi diritto.
QUANDO LA PENSIONE INPS VIENE TAGLIATA
Una realtà, particolarmente restrittiva, è rappresentata dalla prevista condizione che l’importo della pensione ai superstiti venga correlato alla situazione economica del superstite. Infatti la riforma Dini, del 1995, ha introdotto dei limiti alla cumulabilità di tali trattamenti con eventuali redditi del coniuge superstite.
La pensione viene ridotta del 25 per cento se si ha un reddito superiore a tre volte il minimo Inps, da 23.579, 23 a 31.468,96 euro. Sale del 40 per cento se superiore a quattro volte il trattamento minimo, da 31.438,97 a 39.298,70 euro e del 50 per cento se l’importo supera quest’ultima soglia. Cioè se è superiore a cinque volte il trattamento minimo Inps che per il 2025 è dell’importo annuo di 7.844,20 euro.
La condizione di ridotta cumulabilità rappresenta un grave discriminazione specie per il mondo professionale, ed in particolare quello medico, dove spessissimo il coniuge è anche esso un lavoratore e percepisce un reddito. La riduzione interviene infatti, ed è un’ulteriore discriminazione, anche nel caso che il reddito sia rappresentato da un trattamento pensionistico nascente, peraltro, da contribuzione obbligatoria.
CHI NON PRESENTA LA DICHIARAZIONE
Ricordiamo che quando manca, anche, la dichiarazione relativa al 2021, l’Inps non si limita a segnalare l’assenza, sospende direttamente l’erogazione delle somme collegate al reddito. Da quel momento scatta un conto alla rovescia di due mesi. Se entro quel periodo non arriva la regolarizzazione, la sospensione si trasforma in revoca definitiva delle pensioni, considerate dall’ente come “erogate in via provvisoria negli anni in cui rilevavano i redditi dell’anno 2021”. A quel punto l’Inps non solo interrompe i pagamenti, ma può chiedere anche la restituzione delle somme già incassate dal pensionato.
La sospensione, fortunatamente, non arriva all’improvviso. Prima di togliere un beneficio, l’Inps applica una trattenuta del 5 per cento sull’assegno lordo. Il taglio è partito a luglio e si è ripetuto sui ratei di agosto e settembre. Questo è un segnale che serve a spingere i pensionati a sistemare i redditi mancanti. L’ente accompagna questa misura con una comunicazione formale, chiamata “Ricostituzione reddituale per sospensione”, che ogni anno raggiunge i soggetti interessati.
DA ENPAM NESSUN LIMITE DI REDDITO
L’Enpam, al contrario, non attiva questa condizione restrittiva e non pone limiti di reddito del familiare sopravvissuto mantenendo gli importi pensionistici in maniera indipendente.
Peraltro la Cassa previdenziale dei medici attribuisce percentuali maggiori di quelle adottate dall’Inps. Se la moglie dell’iscritto è l’unica beneficiaria ha diritto al 70 per cento della pensione Enpam del medico o dell’odontoiatra deceduto, a fronte del 60 per cento garantito dall’Inps. L’aliquota di reversibilità garantita dalla Fondazione, anche per la parte Enpam delle pensioni in cumulo e in totalizzazione, è maggiore, quindi, del 10 per cento rispetto a quella prevista dall’Inps per la stessa circostanza.
Se la persona superstite non è l’unica, una parte spetta anche ai figli dell’iscritto (fino a 21 anni di età o fino a 26 se studenti). Per questa evenienza le aliquote Enpam e quelle Inps sono le stesse. Nel caso di un unico figlio, alla moglie spetta il 60 per cento della pensione e al figlio il 20 per cento. Se invece i figli superstiti dell’iscritto sono due o più di due, alla moglie spetta il 60 per cento e ai figli il restante 40 per cento.
Claudio Testuzza