Sono in fase sperimentale le “mani” robotiche capaci di afferrare virus all’interno di campioni biologici e i caschi robotici per stabilizzare i movimenti in pazienti che devono sottoporsi a delicati interventi alla retina. Sembra fantascienza, eppure potrebbe essere il futuro prossimo.
Sulla piattaforma Tech2Doc sono raccontate due sperimentazioni della robotica in medicina che potrebbero aprire scenari prima impensabili.
La prima, sviluppata da un team di scienziati della University of Illinois di Urbana-Champaign, è una microstruttura progettata per afferrare selettivamente virus come il Sars-Cov-2 all’interno di campioni biologici (ad esempio, nella saliva).
La mini-mano robotica, costruita interamente con filamenti di DNA piegati in forme tridimensionali, è in grado di rilevare la presenza del virus con un’affidabilità paragonabile ai test PCR. È costituita da quattro dita, ciascuna articolata in tre segmenti, e da un palmo: in ogni dito ci sono zone specifiche capaci di riconoscere precisi bersagli molecolari, mentre il palmo può ancorarsi a superfici di dimensioni maggiori.
Quando il virus viene preso, si attiva un sensore fluorescente.
Dai test emerge come il prototipo potrebbe portare grandi risultati sia in fase di diagnosi, sia come strumento per impedire a determinati virus di infettare le cellule.
La seconda sperimentazione robotica, invece, riguarda i risultati dello studio condotto da un team del dipartimento di Ingegneria meccanica nell’università dello Utah, pubblicato su “Science Robotics”.
Si tratta di un innovativo robot di altissima precisione, progettato per essere installato tramite un casco direttamente sulla testa del paziente che deve sottoporsi a un intervento retinico. Il sistema, montato sulla testa del paziente, riduce i movimenti involontari sia del chirurgo che del paziente grazie a un’interfaccia tattile di monitoraggio.
Sebbene per adesso non sia stato autorizzato l’uso sull’essere umano, le sperimentazioni sono state condotte attraverso speciali occhiali che hanno permesso di posizionare un occhio animale davanti a quello del soggetto, in modo da valutare l’efficacia del robot.
La tecnologia robotica potrebbe migliorare l’esecuzione delle iniezioni sotto retiniche, aumentando il controllo sulle complicazioni, e inoltre consentire di operare con sedazione endovenosa invece dell’anestesia generale.
Sebbene ancora in fase sperimentale, potrebbe essere particolarmente utile in interventi ad altissima precisione come quelli per la terapia genica, dove la robotica può offrire maggiore accuratezza e riproducibilità rispetto alle tecniche manuali.
Claudia Torrisi