La medicina di emergenza è la medicina dell’“imprevedibilità”.
Una peculiarità che richiede nel medico e negli operatori sanitari dell’urgenza doti (caratteriali) indispensabili per un soccorso ed un’assistenza efficiente: tempismo, competenza, intuito, coraggio e umanità.
Giorno e notte, senza sosta, irrompono nei dipartimenti di emergenza-urgenza pazienti critici, in pericolo di vita.
Ciò accade soprattutto negli affollati contesti urbani delle grandi città metropolitane, dove sovente imperano disuguaglianze e vulnerabilità. Che, naturalmente, si riflettono anche nell’accesso alle cure sanitarie.
Curato nell’edizione originale da clinici della Weill Cornell Medicine di New York City, il libro affronta 15 principali aree di intervento: dall’arresto cardiaco all’avvelenamento, dall’assistenza sanitaria alle persone senza dimora ai traumi penetranti, dall’uso di sostanze alle maxiemergenze, dal maltrattamento dei bambini e degli anziani ai problemi di salute nella popolazione lgbtqia+.
L’edizione italiana, a cura di Luca Carenzo – specializzato in anestesiologia e terapia intensiva generale ed emergenza, operativo nell’IRCCS Ospedale Humanitas di Milano – è stata adattata alla realtà italiana sotto il profilo epidemiologico, sociale, clinico, normativo e legale.
Attraverso casi clinici di studio esemplificativi, nel volume sono illustrate le modalità più appropriate per una gestione dell’emergenza rapida ed efficace, anche quando occorre affrontare le barriere – talvolta insormontabili – linguistiche e culturali. La “distonia” (incomprensibilità) tra medico e paziente può causare disagi che vanno anche oltre quelli della semplice comunicazione, come tempi di attesa più lunghi per le prestazioni sanitarie e maggiori livelli di stress per entrambe le parti.
Tra gli innumerevoli scenari clinici esaminati a mo’ di esempio ne abbiamo scelto un paio.
Una donna di madrelingua bengalese di 53 anni arriva al DEA lamentando dolori addominali. All’esame obiettivo l’addome non risulta dolente alla palpazione. Qual è la diagnosi?
Willie Ramirez, un uomo adulto di origine cubana, dice di essere “intoxicado”: per gli ispanofoni di Cuba, questo è un termine dai molteplici significati, non necessariamente associato a un’intossicazione da droghe o alcol. I medici hanno presupposto, erroneamente, che si trattasse di un’overdose da sostanze stupefacenti, ritardando la corretta diagnosi di emorragia cerebrale di due giorni.
Paola Stefanucci
PER ACQUISTARE IL LIBRO
Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2025, pp.348, euro 42,00