
Vittorio Lingiardi @ANSA/Tino Romano (NPK)
Due soli voti hanno separato il medico Vittorio Lingiardi dalla vittoria al Premio Strega Saggistica.
Nato a Milano, classe 1960, Lingiardi è psichiatra, psicoanalista e poeta, cinefilo e critico cinematografico, insegna psicologia dinamica alla facoltà di Medicina e psicologia della Sapienza.
Scrive saggi. Di quelli che non restano a riposare sugli scaffali, ma suscitano la riflessione e il gradimento dei lettori. Il suo libro “Corpo, umano” ha vinto il Premio Bagutta ed è arrivato secondo alla prima edizione del Premio Strega Saggistica al Taobuk – Taormina International Book Festival.
COVID E LOCKDOWN
Il suo libro è stato scritto durante i mesi del Covid e del lockdown. Quando il contatto tra corpi è diventato tabù.
Con acredine all’improvviso, la vita vera fatta di relazioni tangibili si è smarrita nelle infinite sequenze byte di un computer.
“Durante la pandemia – dice Lingiardi – il corpo sociale era distanziato, ma il corpo medico era al centro dell’attenzione. Incontravo i miei pazienti e i miei studenti online: i loro corpi, che ero abituato a vedere nelle ‘sedute’ di psicoterapia (termine che indica proprio una posizione fisica, una postura) e all’università, diventavano volti con cui dialogavo via schermo”.
Noi – spiega – abitiamo il nostro corpo. Anzi, siamo il nostro corpo. È una certezza. Ma niente è più mutevole della percezione del corpo nel e attraverso il tempo che ci è dato, nell’era irrequieta che stiamo vivendo.
“Nella nostra epoca – dice ancora – il corpo da una parte ‘svanisce’ nel virtuale, ma dall’altra insiste come presenza assillante, di continuo modificata, per esempio dalla chirurgia estetica, che diventa antiestetica, o anche semplicemente dalla decorazione. Inoltre, il corpo, dal concepimento al fine vita, ma pensiamo anche a una semplice ciocca di capelli che esce dall’hijab, è sempre più al centro della politica e del diritto”.
LA MAPPA DEL VIAGGIO
Il corpo, in sostanza, non è solo cellule, organi, apparati, sangue. In cui si infila la vita. Una visione riduttiva.
“È la mappa – scrive nel suo saggio – su cui personalità e memoria, gioia, godimento e dolore, disegnano il loro viaggio».
“Sono solo alcune delle ragioni – ci racconta – che mi hanno spinto a radunare diversi sguardi e molte discipline per raccontare il corpo oggi: come luogo fisico, culturale e politico. Per non parlare di tutte le manifestazioni psico(pato)logiche del corpo: dai tagli sulle braccia delle persone borderline alle ossa sporgenti dell’anoressia nervosa”.
“Corpo, umano” è un libro erudito, zeppo di puntuali riferimenti storici, e calamitanti citazioni e squarci autobiografici di grande impatto emotivo.
“Per parlare di corpo in modo autentico e credibile – spiega lo psichiatra – è inevitabile partire dalla propria esperienza: il corpo di mia madre, la mia adolescenza, i corpi dell’arte visti nei musei da piccolo; l’incontro con il cadavere all’esame di anatomia patologica, la stagione dell’Aids, il mio corpo su e giù dai treni e sempre al lavoro; il mio corpo che si innamora, il mio corpo che invecchia… E comunque non c’è niente di più affascinante del corpo-mente ‘virgola’ umano”.
CURA È RELAZIONE
Vittorio Lingiardi si è laureato nel 1985 – quarant’anni fa – in Medicina all’Università egli Studi di Milano.
“Ho scelto Medicina perché sono portato alla cura degli altri – racconta – . Ho scelto Psichiatria, per poi fare lo psicoanalista, perché sono portato (anche) alla cura di me stesso”.
Nessun’altra disciplina umana si occupa (dello studio e della cura) del corpo quanto la Medicina. L’arte della semeiotica nell’era della medicina ipertecnologica rischia di sparire.
La visita con le mani ormai appannaggio solo di alcuni scrupolosi medici di famiglia – quelli che sono affianco al paziente nel dolore, nella disperazione o nella gioia della guarigione – va estinguendosi. C’è sempre meno tempo disponibile per il colloquio e la relazione di cura.
In proposito, ecco cosa ne pensa Lingiardi.
“Ne ‘La nascita della clinica’, Michel Foucault parla dell’‘indice che palpa le profondità’. Va un po’ scomparendo, ahimè. Oggi la visita medica, l’esame obiettivo, la semeiotica, sono in parte sostituite dalla tecnologia. La tecnica in medicina ha portato progressi straordinari e nessuno vuole tornare indietro. Ma non dimentichiamo che il medico che non sa stare in relazione con il paziente, che non riconosce il bisogno del paziente di essere ‘riconosciuto’, è, come dice Claudio Rugarli, uno dei miei indimenticabili professori, un ‘medico a metà’”.
Il rischio che tecnologia renda i medici inutili, non è quindi immaginabile.
“Anche se gli smartwatch registrano perfettamente la frequenza cardiaca – sostiene – non si può fare il cardiologo senza tastare il polso. La relazione medico-paziente è basata sull’incontro e sulla fiducia emotiva. Caratteristiche degli umani, non delle macchine”.
“Il mio libro – conclude – è dedicato ‘a chi cura’, quindi a tutti i miei colleghi e colleghe. Vorrei dire loro una cosa che già sappiamo, ma a volte rischiamo di dimenticare: la fiducia è un ingrediente fondamentale della cura. Ma senza relazione non si costruisce la fiducia, e dunque la cura”.
Paola Stefanucci