Nel tempo, i sistemi di calcolo dell’’importo del trattamento pensionistico sono stati modificati anche con l’obiettivo di ridurne la loro entità determinata da calcoli più favorevoli.
FONDO PENSIONE LAVORATORI DIPENDENTI
Per gli iscritti al Fondo pensione dei lavoratori dipendenti, gestione che fa parte dell’assicurazione generale obbligatoria dell’Inps, la pensione si determina con diversi sistemi di calcolo. In forma residuale, con il calcolo retributivo basato sull’entità degli stipendi degli ultimi cinque anni lavorativi. Permane anche i sistema misto retributivo/contributivo, ma essenzialmente l’importo è basato sul sistema contributivo ormai proprio per tutti i dipendenti.
Il documento fondamentale per calcolare l’importo della pensione e la data della sua decorrenza è l’estratto conto contributivo, cioè il documento in cui figurano tutti gli accrediti previdenziali. Nel documento sono infatti contenuti, suddivisi per forma assicurativa, tutti i contributi previdenziali accreditati al lavoratore nelle gestioni dell’Inps (Ago, gestione separata, dipendenti pubblici, etc.).
I contributi che figurano nell’estratto conto possono essere obbligatori, volontari, risultare dal riscatto di un determinato periodo (ad esempio degli anni di laurea), essere stati ricongiunti da un’altra gestione, o ancora, risultare accreditati dall’Inps figurativamente.
Nell’estratto conto dell’Inps regime generale, i contributi sono generalmente espressi in settimane (questo accade per i contributi accreditati nel Fondo pensione lavoratori dipendenti), ma possono essere espressi anche in mesi o in anni o, ancora, in giorni. Sono espressi in anni, mesi e giorni i contributi indicati presso il fondo dipendenti pubblici.
In merito al calcolo contributivo per gli iscritti presso il Fpld, riferito alle annualità dal 1996 o dal 2012, è necessario operare in questo modo: si accantona, per ogni anno compreso nel periodo, il 33 per cento della retribuzione lorda corrisposta; si rivalutano i contributi accantonati ogni anno (tranne il primo e l’ultimo) per il coefficiente di capitalizzazione (determinato in base alla variazione quinquennale del Pil nominale); si sommano i contributi rivalutati, ottenendo così il montante contributivo; si moltiplica il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione, una cifra espressa in percentuale che varia in base all’età. Si ottiene così la quota contributiva di pensione.
Necessario, per chiarire l’importo effettivo della pensione, è il coefficiente di trasformazione che dipende dall’età anagrafica al momento del pensionamento, essendo più alto per le età più avanzate, poiché il pensionato avrà una durata di vita media più breve.
I coefficienti vengono aggiornati periodicamente (ogni due anni) sulla base di dati demografici e sull’andamento del Pil.
LA RIFORMA FORNERO
Nel 2011, tempo della riforma “ Fornero”, questo sistema è stato adottato, un po’ a causa della condizione economica delle stesse, ma anche dall’insistenza del ministro di allora, anche da diverse Cassa privatizzate. Chi ha fatto resistenza a questa soluzione, non senza incontri epici con la stessa ministra Fornero, è stata l’Enpam, forte di una grade platea di sanitari attivi, 350 mila, e di pensionati, circa 100 mila, e soprattutto di un bilancio patrimoniale allora attivo di quasi 13 miliardi, e oggi quasi raddoppiato.
L’Enpam cercò di mantenere i criteri di calcolo già previsti in passato pur accettando variazioni relative all’età del pensionamento e del numero di anni di contribuzione per ottenerlo. In pratica, dovette realizzare una riforma delle pensioni al fine di garantire la sua sostenibilità ad oltre 50 anni come prescritto dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214.
La riforma ottenne, poi, la prescritta approvazione dei ministeri del Lavoro e dell’Economia in data 9 novembre 2012 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 2013.
Infatti, la pensione del libero professionista viene calcolata, ancora oggi, con il sistema chiamato contributivo indiretto a valorizzazione immediata, in parte simile al metodo retributivo. In pratica, partendo da una retribuzione di riferimento, ogni anno di versamento aggiunge una percentuale alla pensione.
IL CALCOLO ENPAM
L’Enpam prende in esame i redditi annuali del libero professionista, li rivaluta nel tempo e ne ricava il cosiddetto “reddito medio rivalutato”, come se l’iscritto avesse tutti gli anni avuto un identico reddito. La pensione che ne deriva è data dalla moltiplicazione tra gli anni di versamento e il cosiddetto coefficiente di rendimento.
Ad esempio, con il coefficiente di rendimento dell’1,25 per cento (portato all’1,30 dal 2023) con 40 anni di versamento, la pensione annua di Quota B corrisponderebbe al 50 per cento del reddito medio dell’iscritto. Il valore ottenuto identifica il tasso di sostituzione, cioè in che percentuale la pensione sostituisce il reddito. Un reddito medio di 50.000 euro darebbe, quindi, 25.000 euro annui di pensione, un reddito di 100.000 una pensione annua di 50.000 euro, e così via.
Prima delle modifiche regolamentari del 2012, il coefficiente di rendimento era più alto (1,75) e la contribuzione più bassa, per cui, a parità di reddito, la pensione risultava più elevata. Una serie di fattori, in primis l’allungamento della aspettativa di vita e poi la “legge Fornero”, avevano comunque evidenziato la non sostenibilità di tale formula e reso necessari i cambiamenti apportati.
Claudio Testuzza






