Dall’anno scorso, la manovra di bilancio per il 2024 ha imposto una marcata riduzione delle aliquote previdenziali, relative al conteggio della quota pensionistica retributiva, ai dipendenti pubblici iscritti alle ex Casse previdenziali del tesoro, dapprima incluse nell’Inpdap e successivamente confluite nell’Inps.
Fra queste Casse, di particolare importanza sono la Cassa pensione sanitari (Cps), propria dei medici ospedalieri e anche la Cassa dei dipendenti degli enti locali (Cpdel).
Le aliquote per i sanitari prevedevano una cifra di partenza per il calcolo pensionistico del 23,865 per cento che permetteva di poter usufruire di un conteggio molto favorevole, dando la possibilità, ai sanitari rientranti nel metodo di calcolo retributivo, di raggiungere il 100 per cento dell’ultimo trattamento stipendiale con 40 anni di contribuzione.
All’opposto degli iscritti all’Inps a cui, con un coefficiente costante del 2 per cento, era consentito, con la stessa anzianità contributiva, di accontentarsi dell’80 per cento dell’ultimo stipendio.
Dal 1° gennaio 2024 le aliquote per calcolare la quota retributiva di pensione per i medici e gli altri dipendenti pubblici sono state rideterminate in un 2,5 per cento per ogni anno di anzianità con evidente taglio degli importi pensionistici per i pensionandi nel sistema integralmente retributivo o misto, per la quota retributiva.
Le nuove aliquote, si applicano a chi: si dimette volontariamente dal servizio a partire dal 1° gennaio 2025; prima di aver compiuto 67 anni accede alla pensione anticipata con meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995; non rientra nelle deroghe previste dalla normativa, come il pensionamento per raggiungimento del limite ordinamentale.
Sono esclusi dalle nuove aliquote invece, coloro che: vanno in pensione per raggiungimento del limite di età; sono trattenuti in servizio oltre i 67 anni e si dimettono dopo; hanno maturato il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2023, come i lavoratori precoci.
Poiché è stata introdotta, dal 2025, la facoltà, per le pubbliche amministrazioni di trattenere in servizio oltre il limite ordinamentale ed entro il compimento del settantesimo anno di età (70 anni) il personale dipendente di cui ritengono necessario avvalersi, previa disponibilità dell’interessato, l’Inps ha ritenuto opportuno, con la circolare 2491 del 25 agosto 2025, di chiarire meglio i termini e i referenti della non applicazione della norma restrittiva delle nuove aliquote.
Tenuto conto che le nuove aliquote di rendimento non trovano applicazione nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, si chiarisce che, per effetto delle modifiche ai limiti ordinamentali, detta disciplina derogatoria trova applicazione per le pensioni di vecchiaia liquidate a carico della Cpdel, della Cps, della Cpi e della Cpug a seguito di risoluzione obbligatoria del rapporto di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione.
La stessa disciplina derogatoria trova applicazione anche nei casi in cui il dipendente si dimetta prima dello scadere del periodo di trattenimento in servizio, in considerazione del fatto che la relativa risoluzione del rapporto di lavoro è intervenuta dopo il raggiungimento del limite ordinamentale e prima della scadenza del termine del trattenimento in servizio.
Rimane, tuttavia, aperta la grave questione per coloro che, pur maturando i 65 anni – precedente limite ordinamentale – qualora decidessero di andare in pensione prima dei 67 anni – nuovo limite ordinamentale – si troveranno a essere assoggettati alle nuove aliquote riduttive (2,5 per cento), essendo, quest’ultima condizione assimilata a un’uscita anticipata.
In pratica, si dovrà rimanere in servizio per un biennio in più se si vorrà essere esclusi dal taglio delle aliquote. Una vera e propria ingiustizia, soprattutto per quei medici che hanno già accumulato anzianità contributive elevate.
Invece, la disciplina restrittiva non trova applicazione – in una forma contraddittoria rispetto alla sopra esposta formulazione – nei confronti dei soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2023 e viene confermato che rientrano in tali fattispecie le pensioni per i lavoratori precoci il cui diritto risulti maturato e certificato entro il 31 dicembre 2023, a prescindere se alla data di decorrenza della relativa pensione sussista anche il requisito contributivo previsto per la pensione anticipata di cui all’articolo 24, comma 10, del decreto-legge 201 del 2011.
Claudio Testuzza